E’ decisamente positiva la stima che il comparto del vino marchigiano sta facendo in questi giorni con la raccolta di due dei vitigni più diffusi e conosciuti, il Verdicchio e la Passerina.
L’aumento, secondo Assoenologi, è del 10% con le Marche in controtendenza rispetto al trend nazionale che invece farebbe segnare un calo di circa 333 mila ettolitri.
La nostra regione punta ai 989 mila, con un aumento rispetto al 2019 di 82 mila ettolitri dopo un anno che ha visto un inverno caldo e secco, un marzo freddo e piovoso e che ha anche dovuto fare i conti con grandinate che hanno devastato interi vigneti.
E’ stata pressoché azzerata per esempio la produzione nel Fermano. A vendemmia iniziata già da un paio settimane negli oltre 17 mila ettari di vigneti marchigiano si calcola che la produzione per oltre l’80% è destinata a Doc, Docg e Igt, i vini a denominazione maggiormente distintivi del territorio.
Vini che valgono, secondo l’ultimo report Ismea/Qualivita, 97 milioni di euro. Tra numeri e riscontri positivi, la prima vendemmia del Covid è contrassegnata però anche da preoccupazioni come quella relativa al dato marchigiano sull’export visto che quello nazionale registra un calo del 4% dopo anni di segno positivo costante.
Da gennaio a marzo, i mesi che hanno preceduto la pandemia, l’export marchigiano del vino ha registrato cali in Cina, dove il virus si è manifestato per primo, con il 35% in meno di bottiglie vendute. Segni negativi anche per Regno Unito, con un 20% in meno e Russia.
In questo caso il meno 1% è dovuto alle tensioni internazionali.
Il vino invenduto si accumula nelle cantine già piene di ettolitri non commercializzati a causa della chiusura, durante il lockdown, di ristoranti, bar, enoteche e del rallentamento della domanda che ha fatto registrare una flessione di circa il 5% sui prezzi all’ingrosso di bianchi e rossi marchigiani.