Il ritorno alla zona arancione nelle Marche è una mazzata per le aziende agrituristiche picene già provate da anni a causa del terremoto e di una ricostruzione pressoché ancora al palo.
La nuova mappatura dei colori, sottolineano da Coldiretti Ascoli Fermo, sta avendo un impatto drammatico su tutta l’economia nazionale ma qui nel Piceno si aggiunge a una situazione già critica, impossibile da compensare con la possibilità di consegnare i pasti a domicilio o di vendere da asporto (comunque nella limitazione agli spostamenti fuori comune).
Il risultato a livello nazionale, secondo le stime di Coldiretti su dati Ismea, è un crac senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%) e perde complessivamente quasi 41 miliardi di euro. Non fanno eccezione i 152 agriturismi della provincia di Ascoli e i 144 del Fermano.
La ristorazione e l’accoglienza sono attività secondarie delle aziende agricole che nel tempo sono diventate importanti voci del reddito annuo. Proprio la multifunzionalità rappresenta, nella nostra regione, il 34% del valore della produzione delle imprese agricole.
Nelle provincie di Ascoli e Fermo negli ultimi 10 anni è triplicato il numero delle autorizzazioni per gli agriturismi.
Ad oggi, con oltre 5mila coperti (circa 2800 nell’Ascolano, circa 2500 in provincia di Fermo) e 3700 posti letto (1800 ad Ascoli, 1900 a Fermo) ai quali si aggiungono circa 280 piazzole di sosta per camper o tende, rappresentano un presidio del territorio (quasi il 18% è situato in aree montane) e di promozione turistica attraverso l’agroalimentare di alta qualità come vino, olio extravergine di oliva, carne, frutta, verdura, salumi e formaggi. Un trionfo delle tradizioni che ha anche ricadute positive sull’occupazione femminile visto che al timone di queste realtà ci sono molto spesso donne: il 55% ad Ascoli, il 48% a Fermo.
Le difficoltà sono tante a partire dai collegamenti sia stradali che virtuali. Le chiusure imposte dal covid rischiano di dare il colpo di grazia a molte di queste strutture.