MAXI FRODE NEL SETTORE DEL TESSILE, NEI GUAI 68 IMPRENDITORI CINESI DEL SENIGALLIESE

MAXI FRODE NEL SETTORE DEL TESSILE, NEI GUAI 68 IMPRENDITORI CINESI DEL SENIGALLIESE

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68 denunciati, 24 evasori totali e 26 lavoratori in nero scoperti, 5 fabbriche tra Senigallia e Tre Castelli sequestrate con 342 macchinari.

Sono i numeri dell’“Operazione Domino” portata a termine dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Senigallia, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Ancona, che ha permesso di scoprire una maxi evasione fiscale e riciclaggio di denaro. In pratica una vasta frode fiscale nel settore dell’abbigliamento all’interno del distretto di Senigallia-Ostra-Mondolfo, nell’ambito di ben 15 procedimenti penali aperti.

I 68 soggetti sono tutti di etnia cinese, che hanno gestito 57 imprese dal 2016.

Il sistema era sempre lo stesso: ogni azienda veniva aperta e poi chiusa dopo 2 al massimo 3 anni, accumulando debiti verso lo stato e non versando imposte dirette, Iva e contributi fiscali. Spesso i nomi di titolari e dipendenti venivano semplicemente invertiti. In realtà, alle aziende committenti, anche di alta moda in alcun modo coinvolte nelle indagini, veniva garantita la prosecuzione dell’attività grazie all’ utilizzo delle precedenti sedi, degli stessi capannoni, operai e beni materiali.

Non solo, le perquisizioni notturne hanno permesso di scoprire che i dipende – in nero- lavoravano senza limiti di orario e in precarie condizioni igieniche.

Oltre all’evasione fiscale, si configura anche la concorrenza sleale perché le aziende potevano praticare prezzi più vantaggiosi delle concorrenti.

Il Tribunale di Ancona ha disposto a carico degli indagati il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni fino a quasi 5 milioni 500 mila euro. Sono stati sequestrati: 737 mila euro sui conti correnti, crediti presso terzi per quasi 1 milione 500 mila euro, cinque opifici per oltre tremila metri quadrati, 342 macchinari e sei autovetture. 24 soggetti sono risultati  evasori totali con ricavi non dichiarati per 23 milioni di euro, Iva dovuta per 5 milioni di euro e fatture per operazioni inesistenti per un imponibile di quattro milioni di euro. Le menti, formalmente residenti ad Ancona, si facevano chiamare “Luisa”, “Linda”, “Francesco”, “Mike”, “Romeo”, “Marco” e “Marcello”. Segnalati  4 istituti di credito, 7 direttori di filiale e 2 commercialisti per aver omesso di segnalare operazioni sospette.