La guardia di Finanza di Ascoli ha scoperto due stock di mascherine, importate da due imprenditori dall’estero risultate non aver ottenuto la validazione dell’I.N.A.I.L. a causa della non rispondenza alle norme vigenti in materia di sicurezza.
Nel primo caso, le contestazioni delle Fiamme Gialle sono state rivolte a un esercizio di commercio all’ingrosso di articoli medicali ed ortopedici della città, il cui rappresentante legale è stato segnalato alla locale Procura della Repubblica in relazione all’importazione e immissione in commercio di 40.000 dispositivi di protezione, acquistati presso due ditte, una di Shanghai (Cina) e, l’altra, di Londrina (Brasile) a circa 90.000 euro.
Analoga contestazione è stata poi effettuata nei confronti di un’ulteriore impresa di Spinetoli importatrice di 9.500 mascherine per bambini, acquistate da una ditta di Shanghai per un importo di circa 12.000 euro.
Nel complesso si tratta di oltre 50 mila mascherine, non rispondenti agli standard italiani, di cui verrà verificata anche la scrittura contabile per accertare eventuali illeciti fiscali legati alla transazione commerciale e all’immissione sul mercato.
In base al Decreto Cura Italia del 17 marzo infatti i dispositivi si possono produrre presentando una autocertificazione che attesti però gli avvenuti test di corrispondenza agli standard di sicurezza dei dispositivi di protezione, sulla base degli accordi con l’Istituto Superiore di Sanità e lo stesso I.N.A.I.L.