Sono partite da Ascoli e sono arrivate fino in Lussemburgo passando per Roma e Milano le indagini della guardia di finanza picena che attraverso l’analisi di arichivi informatici database e dispositivi digitali ma anche perquisizioni e sequestri ha fatto luce su uno dei maggiori crac degli ultimi anni nelle Marche permettendo di recuperare più di 70 milioni di euro.
A finire nel mirino delle fiamme gialle una società ascolana operante nel settore dell’edilizia e delle energie rinnovabili, con un passivo di quasi 300 milioni di euro, dichiarata fallita dal Tribunale nel novembre del 2019 dopo la rinuncia, da parte del management a portare avanti un concordato “in bianco” a cui la stessa azienda aveva fatto ricorso ad aprile dello stesso anno.
Stando alle indagini culminate con l’operazione “Nemesi” sarebbe stato proprio il management dell’azienda fallita composto da tre membri del consiglio di amministrazione, oggi indagati insieme e ed altri tre commercialisti ascolani, a pianificare il fallimento.
Attraverso una serie di manovre illecite anche tramite una società lussemburghese, risultata riconducibile ai tre membri del cda: i sei indagati sono così arrivati a svuotare il patrimonio dell’azienda al fine di inibire i creditori.
Tra i reati di cui dovranno rispondere, a diverso titolo, c’è quello di “bancarotta fraudolenta aggravata da reato societario”: dal 2011 al 2017 avevano infatti provveduto a truccare i bilanci, arrivando a gonfiare il deficit patrimoniale di ben 13 milioni di euro.